Barrett, il terzo alfiere sulla scacchiera di Trump

InsideUSA2020
3 min readNov 1, 2020

di Giuseppe Moro

L’alfiere è posizionato tra la torre e il cavallo e si muove in diagonale per il numero di caselle libere che ha a disposizione. Il giocatore Trump voleva un terzo alfiere prima della nuova mossa dell’avversario e ha nominato Amy Coney Barrett, persino superando le volontà in punto di morte della “regina” dell’altra linea Ruth Bader Ginsburg: “My most fervent wish is that I will not be replaced until a new president is installed”. Così non è accaduto. Perché nella mossa successiva Trump, accerchiato da Covid-19, disoccupazione al 7,9% e swing State, aveva necessità di attraversare l’intera scacchiera con il terzo alfiere. Il terzo giudice — in quattro anni — della Corte Suprema. L’arbitro ultimo e insindacabile e come tale organo che modula e modera il potere americano.

Dunque, mettiamo da parte l’identità e i dogmi culturali (giuridici e religiosi) della Barrett, più volte esaminati dalla stampa americana ed estera in queste ultime ore, e concentriamoci sulla scacchiera del giocatore Trump.

Trump ha battuto Hillary Clinton nel 2016 per 77.744 voti (lo 0,06% del totale nazionale), di cui in Michigan per 10.704 voti (lo 0,02%), nel Wisconsin per 22.748 (lo 0,06%) e in Pennsylvania per 44.292 (lo 0,7%). È possibile che dopo quattro anni di presidenza Trump non riesca a conservare un vantaggio così ridotto in questi tre Stati. Altresì, gli stati contendibili sono più del 2016. Sono, anche, in bilico: Arizona, North Carolina, Georgia e Texas. Più quelli che, per storia elettorale, sono maggiormente volatili: Nevada, Ohio e Florida. Totale 181 grandi elettori (su 538) da assegnare.

Cosa c’entra il terzo alfiere Barrett in tutto questo? La scorsa settimana la Corte Suprema ha mantenuto in vigore una direttiva che permette di prolungare lo scrutinio dei voti in Pennsylvania per diversi giorni. Il Partito del Presidente, che ha interesse a limitare i voti spediti per posta, aveva fatto ricorso contro questa disposizione, ma la Corte suprema non ha espresso una maggioranza per invalidare la regola. È finita in parità: 4 a 4. Con la presenza della Barrett lo scrutinio prolungato della Pennsylvania sarebbe stato eliminato (5 a 3 per i conservatori), avvalorando la tesi di chi afferma che la Pennsylvania questa volta voterà diversamente rispetto al 2016.

Inoltre, proprio ieri (27 ottobre) i Repubblicani hanno messo a segno un’importante vittoria tra le battaglie legali. La Corte suprema infatti ha stabilito che il Wisconsin (altro Stato in bilico) non potrà inserire nel conteggio le schede che dovessero pervenire dopo la chiusura dei seggi, martedì prossimo. A loro volta i democratici del Wisconsin hanno consigliato agli elettori di non affidarsi alle poste ma di “recapitare a mano a scheda di persona se potete”.

Ed ancora, immaginiamo il day after al super Tuesday del 3 novembre. La Corte suprema potrebbe essere chiamata in causa — come nel possibile scenario delle elezioni del 2000 tra Bush e Al Gore — al fine di assicurare una maggioranza al Paese. La Barrett sarà fondamentale per spostare gli equilibri e, dunque, la maggioranza all’interno della Corte verso Donald Trump.

Serrate le linee e prepariamo le pedine, ad ogni giocatore la propria mossa.

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