Un (italo)-americano a Roma. Parte II

InsideUSA2020
3 min readOct 21, 2020

di Lorenzo Manca

La libertà religiosa: Pompeo, la Santa Sede e la Chiesa Cattolica in Cina

Nel corso della sua visita a Roma (29–30 settembre 2020) il Segretario di Stato USA Michael Pompeo non ha potuto astenersi dal trattare il tema delle relazioni fra Stati Uniti e Santa Sede, con particolare riguardo al tema della libertà religiosa nella Repubblica Popolare Cinese.

Come al solito anche stavolta la questione è stata discussa in funzione anti-cinese, Pompeo ha accusato il Partito Comunista Cinese di opprimere le libertà religiose, identificando sé stesso come la massima autorità morale per i cittadini cinesi.

Già il 18 settembre 2020 Pompeo aveva scritto parole infuocate sul periodico conservatore “First Things” circa le violazioni dei diritti umani e della libertà religiosa perpetrate dal Partito Comunista Cinese nei confronti delle minoranze presenti nel paese.

Arrivato a Roma Pompeo ha partecipato al convegno sulla libertà religiosa nel mondo organizzato dall’Ambasciatrice americana presso la Santa Sede Callista Gingrich. Durante il convegno Pompeo ha auspicato che tutti i leader religiosi del mondo trovino il coraggio per denunciare le violazioni della libertà religiosa nel globo.

In questo contesto di confronto fra Washington e la Santa Sede spicca il fatto che il Santo Padre non abbia voluto incontrare Pompeo. La motivazione ufficiale è che il Papa si sia rifiutato di incontrare un esponente dell’amministrazione repubblicana nel rush finale della campagna elettorale.

Ma forse v’è dell’altro: il 22 ottobre 2020 infatti scadrà l’accordo firmato due anni prima fra la Santa Sede e Pechino sulla nomina dei vescovi cattolici.

Tale accordo, fra le altre cose, permette alla Santa Sede e al governo cinese di raggiungere un punto di compromesso sulle nomine dei vescovi.

In Cina infatti vi sono due Chiese: una semi-clandestina il cui clero e fedeli restano fedeli al Soglio Pontificio che nomina i vescovi, l’altra invece definita “Associazione Patriottica Cattolica Cinese” fedele al Partito, con vescovi nominati dagli apparati di potere cinesi, fondata nel 1957.

Al giorno d’oggi tuttavia i confini fra queste due Chiese appaiono molto più sfumati e oltre Tevere ci si è resi conto della necessità di avviare un dialogo con le autorità di Pechino per arrivare ad un compromesso che possa migliorare le difficili condizioni dei cattolici cinesi.

Questo accordo fra Cina e Vaticano ha attirato le critiche di Pompeo che ha invitato la Santa Sede a non rinnovarlo, perché in tal caso la massima autorità religiosa del mondo scenderebbe a compromessi con un regime oppressivo ed ateo, sminuendo così il prestigio della Cattedra di Pietro.

Dal Vaticano si replica che tale accordo intende essere un ulteriore passo verso la normalizzazione delle relazioni fra Santa Sede e Cina (le relazioni diplomatiche sono interrotte dal 1951), un patto che per quanto imperfetto rappresenta comunque uno spiraglio, una porta socchiusa che sarebbe difficilissimo riaprire di nuovo.

Ed ecco che allora si può accampare un’ipotesi sul “gran rifiuto” papale nei confronti di Pompeo:

Il Vaticano non vuole compromettere le sue possibilità di dialogo con Pechino in un momento storico in cui la guerra fredda fra Cina e Stati Uniti passa anche per le navate delle chiese.

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